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Bibliografia 1997

 

“Artel” n. 63, 1/15 maggio 1997, articolo di  L. Cerizza, LAB 12.2 a Milano  

IDENTITA’ DI FRAGILI PUDORI. Il comunicato stampa è veramente un rebus linguistico troppo difficile da decifrare. Non capisco questo tipo di prosa troppo sospesa e vagamente criptica. Poche righe, ma tanti concetti appena sfiorati finiscono per depistarti invece che aiutarti. Forse non andava indrodotta o decifrata, solo vista, questa mostra che Roberto Daolio ha organizzato nello spazio di Viafarini, a Milano. Meglio, interiorizzata.   Perché la scelta dei lavori (o degli artisti) non abbaglia o seduce troppo direttamente, ma agisce lentamente fino a coinvolgerti nel suo linguaggio fatto di intimità e di pudore.   Quasi tutti i lavori di questi giovani artisti sembrano parlarci di un’identità fragile e precaria, che non sa urlare il proprio disagio e lo suggerisce solo. Debole e discretamente autoironica nel suo esporsi, incapace di gesti troppo violenti o di fughe in avanti verso paradisi tecnologici e mutazioni impossibili, questa gioventù sembra anche troppo timida e schiva per fare della sua fragilità uno spettacolo.   Un po’ grigia, magari, e con poca voglia di lottare, sembra. Per ora si mostra, quasi per stanchezza. […] C’è una nota in qualche modo patetica sulla debolezza dell’individuo e dell’artista, ma non viene esasperata fino al grottesco e al parodistico caro a Ralph Rugoff, e non ha neanche la spensieratezza svagata e distratta ma in fondo tanto “cool” e vincente dell’ultima generazione di “slacker”. Sembra più vicina alla comune fragilità cantata da Morrissey un decennio fa, ma con minore compiacimento decadente. Russo e Dragoni sono lì a farsi tirare torte in faccia, ma potevi metterti al loro posto, scambiandoti ruoli e destini, in un gioco di fiera da paese.

Luca Cerizza

 

FAMILY (DRAGONI-RUSSO, CATTANI, RIVOLA), (Unione Culturale F. Antonicelli, Torino, Giugno 1997):

Scambio familiare e confronto continuo convivono nella giovane esperienza di Gianluigi Dragoni & Doriana Russo, che cominciano ad esporre insieme nel ’95 a Bologna. Da allora l’intreccio di vita e lavoro è divenuto sempre più stretto. Sin dal principio utilizzano ogni tipo di materiale e pratica artistica per dar luogo a stranianti associazioni e piena visibilità alle loro ossessioni. Attraverso oggetti-simbolo, dapprima religiosi, come la Madonnina di plastica piena di sangue o il grande tondo formato da 700 santini coronati da fiocchetti rossi ribaltano il senso di un’attualità manifestata ovunque spesso ingannevole. È con i due Trofei del ’95, che inizia la rappresentazione dissacrante e divertita di se stessi. I calchi di gesso delle loro teste, appese al muro e la lenta mutazione verso un leopardo (lei) e un caprone (lui) traducono l’esperienza quotidiana in tagliente ironia di coppia. Travestimento e autorappresentazione diventano le metafore visive in grado di intrecciarsi, in maniera naturale, ai dati più banali e quotidiani. Alle volte però, la crudeltà della vita biologica sembra prevalere e scherzare non è più possibile, come nelle due suadenti fotografie del ’96 dove si delinea nitido sullo sfondo di un drappeggio lilla o su una mano fluorescente il corpicino morto di un gatto nato con due teste. Poi, ancor più crudeli ma volutamente accattivanti, i due si impegnano in un performativo ma semplice rituale quotidiano e familiare, la Decollazione, pulizia del pesce che termina con l’immagine fotografica di un vassoio stracolmo di teste tranciate. Attualmente le loro indagini esplorano situazioni più vicine e quotidiane, come nei Pensieri cattivi del ’97, tre semplici fori nella parete da cui si spia una coppia borghese (sempre loro) impegnata in giochini fra il bizzarro e il voyeuristico. Family. IMITAZIONE IRONICA DELLA REALTÀ.   Dragoni & Russo, narratori di frammenti di un vissuto leggero e divertito, giocano costantemente sul doppio senso. Ricreano nella realtà svelata del territorio dell’arte, le situazioni positive che forse intimamente desiderano. Lo stereotipo, anche quello più vicino alla famiglia come analisi costante e progetto di vita, in fondo, non sempre è così malvagio come appare. […]

Claudia Colasanti

 

DA BOLOGNA CON AMORE, (Galleria F. Marconi, Cupra Marittima, Agosto 1997):

[…] La coppia Gianluigi Dragoni e Doriana Russo propone un ambito di ricerca in cui si intersecano vari elementi: se in questi anni l’esperienza personale diventa un tramite per comunicare idee e sensazioni, allora, a volte, risulta quasi indispensabile l'impiego del proprio corpo come strumento espressivo, attingendo ad esso per produrre una gamma di forme di intervento. In questa direzione le soluzioni configurabili vanno dall’amplificazione della propria presenza corporea, alla capacità di immaginare la propria persona (e quindi la propria identità) come veicolo per calarsi in dimensioni “altre”, proprio come se per un attimo ci si trasformasse in attori di un film immaginato. […]

Guido Molinari

 

"La stanza Rossa", ottobre/dicembre 1997,articolo sulla rassegna “da Bologna con amore”

[…] Il lavoro proposto da Gianluigi Dragoni e Doriana Russo è costituito da una foto-installazione e da due fotografie di grande formato incorniciate. Nell’installazione al centro della galleria un filo di nylon, teso in obliquo fra due pareti, sostiene con l’aiuto di due molle da biancheria due foglie di fico; sotto di esse sul pavimento, un cratere di sabbia incornicia una foto in cui si riconosce la cacciata dal Paradiso di Adamo ed Eva; gli interpreti sono loro, Dragoni-Russo. In questo calarsi nel mito non c’è l’intenzione di attualizzarlo, ma è nell’appendere le foglie che sembra vogliano esortarci a fare altrettanto, ad appendere i panni, i preconcetti, le maschere che si è soliti portare. Nell’angolo in fondo a sinistra ci sono le due foto con raffigurazioni improbabili; in una delle due Doriana Russo rulla un matterello da sfoglia sulla schiena di Gianluigi Dragoni nudo e disteso sul tavolo di una cucina; nell’altra, in un salone da parrucchiere, Gianluigi Dragoni con forbici e pettine si accinge a dare una spuntatina al polipo che Doriana Russo sfoggia sul capo nel posto dei capelli, ma in questo caso la foto non è diretta poiché è stato fotografato uno specchio, ovvero l’immagine che riflette. Sembrerebbe che vogliano dirci che ciò che siamo è in buona parte determinato dall’intervento di un “altro da sé”; oppure che risulta irresistibile la forza che ci spinge a modificare la personalità altrui, il tutto condito con ironia e un pizzico di luogo comune: ma cos’hai in quella testa…; vi è in questo anche il gioco della coppia ad essere rivelato e non solo artistica. L’immagine riflessa dello specchio è ciò che in fondo siamo, tutto ciò che gravita intorno a noi e che ci modifica senza sosta; un circolo vizioso. Le cornici vanno a tono, magari dello stesso legno della cucina o del banco del parrucchiere, le cornici devono essere rassicuranti. […]

Antonio D'Orazio

 

ART LIKE, (S. Maria delle Croci, Ravenna, Ottobre 1997):

[…] Le opere e gli interventi degli artisti di questi nostri tardi anni Novanta, assumono sempre più i profili e i connotati di una processualità non standardizzata e di una volontà di comunicazione leggera, , di cui possono rimanere solo poche tracce o lievi indizi. Siano essi affidati ad un nuovo “grado zero” degli oggetti, prelevati dall’immenso magazzino della cultura materiale, siano invece fotografie, video o azioni-performance che si dispiegano come frammenti di vissuto per registrare mutamenti della coscienza. Modelli e forme di relazione si spingono oltre la metafora, per ridefinire possibilità esistenziali che proliferano negli anfratti e nelle “nicchie” dei sistemi più o meno grandi e omologati. Da tutto ciò, ecco allora emergere un flusso trasversale di apporti e di contributi a qualificare la presenza e il ruolo dell’artista per mezzo di nuove formalizzazioni.   Non si affronta più la simulazione del reale attraverso la dislocazione e la mimesi del simulacro “scoperto” e codificato, ma si accentuano la vocazione e l’attitudine ad interagire con gli apparati e i meccanismi dell’attestazione dell’arte attraverso lo scambio e il rovesciamento delle funzioni e dei valori.   Così come si fanno proprie procedure e strategie comunicative per trarne un vantaggio di “differenza” e per motivare, in modo individuale, un accesso ai mezzi e ai linguaggi che possono essere “condivisi” e partecipati.   […] Nel tradurre il rapporto arte-vita nello spazio sociale di un’identità multipla e mutante, Doriana Russo e Gianluigi Dragoni rivestono con sarcasmo e ironia i panni situazionisti di una rivolta sottile alle regole dell’appiattimento e alle norme consunte della banalità. Il risvolto straniante dei loro interventi è spesso risolto con la naturalezza “dichiarata” dell’artificio e con lo svelamento coinvolgente del doppio, dell’altra faccia della medaglia. L’apparenza e il disinganno, il vero e il “verosimile”, oltrepassano la barriera del gioco e diventano i segnali e i sintomi di una condizione condivisa di allarme e di disagio: dentro l'arte come dentro le esistenze… […]

Roberto Daolio

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