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Bibliografia 1999
F. Naldi, Dragoni Russo, in “Arte.it”, marzo/aprile 1999 (Zoom, Bologna, Febbraio 1999): |
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Sono le micro realtà ad incidere ed influenzare una parte del nostro quotidiano oppure è vero il contrario? La coppia Dragoni Russo pare protendere verso la prima ipotesi e la progressiva ricerca artistica accomunata dal 1995 dà loro ragione. Una coesistenza in “progress” di vettori comunicativi paralleli ma al contempo differenti, sintonizzati su di una specifica modulazione di frequenza artistica data dall’esperienza personale. Ed anche questi lavori attestano tale sperimentazione: ecco subentrare (dopo oggetti, situazioni ed immagini) una virtuale casa d’artista dove il dato formale è reso dalla compresenza del “pieno” (numerosi volumi d’arte) e del “vuoto” (“l’aria della galleria” come potrebbe intitolarla Marcel Duchamp). Una minimale casa di bambola futurista, legata in parte a un immaginario poverista, dove le fotografie sostituiscono l’arredamento e dove le bambole “assenti” altro non sono che gli stessi artisti. Auto presentazione del loro quotidiano all’interno del quale ciò che si vede è ciò che accade e dove la palpabile instabilità percettiva dell’intera installazione diviene il modulo comunicativo primario. Il particolare che ci colpisce in prima istanza è l’ambiguo, il doppio, la continua “azione-reazione” fra turbamenti e riflessioni nei quali l’oggetto libro, tavolo, caffettiera, credenza si tramutano in apparenti dislessiche metafore artistiche. Subentra l’interrogativo: “È solo un gioco o crudele ironia?” Certo è che il risultato più rimarchevole è il semplice rituale familiare quale può essere una lite, in grado di creare un collegamento visivo fra “costruzioni artistiche” e i dati più banali della nostra vita. Si delinea, in un estraniante “work in progress”, un percorso del reale intervallato da ludiche presentazioni del dato quotidiano entro il quale la coppia e le diversità che la contengono si alterano in complicità alienata dalla mediazione intenzionale del nucleo Dragoni Russo. Quando però all’installazione subentra l’atto performativo, lo svolgere della ricerca muta ancora una volta la visione complessiva tramutandosi in un pericolo, un campanello d’allarme che ne decontestualizza la struttura d’insieme, ma ne certifica le infrastrutture di sistema. Al centro della sala il simbolo dell’infinito composto da minuscoli e taglienti pezzi di vetro diviene per alcuni istanti la loro “piattaforma d’azione” dove, scalzi, camminano tra un pubblico stupito. E così la barriera del gioco sarà oltrepassata per divenire sintomo, malessere psico-fisico di un doppio che svela la sua “metà oscura”.
Fabiola Naldi
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DRAGONI E RUSSO, (Circolo Arci Le Mascherine, Alessandria, Maggio 1999): |
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"L'essere attende ancora di divenire esso stesso degno per l'uomo di essere pensato" (M. Heidegger)
E' dal vivere, dall'agire, dal muoversi in un micro mondo che si incentra la ricerca e la sperimentazione della coppia Dragoni - Russo che, uniti nella vita come nel lavoro, indagano là dove spesso l'abitudine offusca. Ci troviamo dinanzi ad un continuo bivio tanto ambiguo quanto concettualmente instabile ed estraniante che ingloba all'interno della propria struttura semantica, sensazioni, percezioni ma soprattutto reazioni. E' l'atto del percepire che stilisticamente controlla le ultime esperienze di questa coppia in un'ostinata ricerca del lato oscuro, del sintomo che produce una specifica situazione: Doriana Russo e Gianluigi Dragoni altro non fanno che porre lo spettatore di fronte a un fatto già compiuto, a una stimolazione percettiva scatenata a priori dall'estrapolazione del dato reale, offrendoci la possibilità di instaurare con l'opera e con la sua polisemanticità una comunicazione "altra", non solo visiva. Nella decisione di fare coesistere opere appartenenti a differenti periodi ecco allora apparire la progressiva crudele ironia, mascherata da un piacevole "gioco di coppia", dove l'insieme può risultare in principio armonioso e dialettico, ma dove, in realtà, la parzialità, la micro esperienza predomina. Una specificità determinata dal dato quotidiano, dal rituale familiare comune a tutti noi che insinuandosi quanto un virus di sistema nella struttura formale dell'installazione, sconvolge lo spettatore, rimandando l'attenzione a una "trama concettuale" di iper-testi polisensoriali. L'apparente normalità risulta così estraniata, sconvolta, trasformata in "anomalia" di un gioco tanto ironico quanto pericolosamente crudele che discretamente rielabora l'immagine dal suo interno in un continuo ribaltamento di sensazioni e linguaggi. E' la dialettica dell'interscambio, del ruolo predefinito che smaschera "l'assente nel presente", è lo scambio caricato di significati "altri" che permette allo spettatore di riversarsi virtualmente nel mondo della coppia, risultando attore medianico di un insieme pulsante e sensibile. L'accostamento di opposti, reinterpretati secondo la modulazione artistica della "ripetizione differente" rendono l'atmosfera espositiva una sinfonia di spazio e tempo dove il tutto si compenetra e dove una specifica micro - sensorialità modula l'interpretazione del fruitore, spesso confuso dalla moltitudine di "sentimenti occulti" che sottolineano quotidianamente il nostro vissuto.
Fabiola Naldi
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You mustn’t go too far, Palazzo Parissi, Monteprandone |
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L’identità è un concetto che per Gianluigi Dragoni e Doriana Russo viene metodicamente traslato in unicità, per loro 1 + 1 dà sempre 1, 1 stivale + 1 stivale = un paio di stivali in movimento. Da anni uniti anche sentimentalmente nella vita privata, sotto differenti sfumature promuovono con ostinazione quest’idea che rafforzano ad ogni occasione; nell’altra immagine, ponendo l’accento sul titolo “ombra”, con questa operazione elevano di fatto ciò che in genere non viene considerato ma che in realtà è sempre presente – come un’ombra – una vicinanza parificata e sublimata in concetto sotto forma di metafora. Nel video la riflessione è focalizzata sul passaggio di bocca in bocca e sulla masticazione del chewing-gum, sospesi in una nudità appena accennata, dall’azione proposta il fenomeno appare come una vera e propria unione organica, umorale, l’intimità più esclusiva. Tutto in tempo reale.
Antonio D’Orazio
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